Dark and filthy
In occasione dei 200 anni della nascita (07 – 02 – 1812) di
Charles Dickens, l’Associazione di promozione sociale
“Psicologia Umanistica e delle Narrazioni. Psicoanalisi. Arte.
Scienze Umane” (A.P.U.N.)
propone
“Dark and filthy”
“Moodfog”: fango nebbia. Questo grumo di lettere, che evoca l’immagine di una strana incrostazione, ad accompagnare la nascita di Oliver Twist, è il nome del luogo da cui il trovatello proviene ed è il nome di una ipotetica origine primordiale che sembra alludere a un “lato oscuro” della creazione del mondo.
Nebbia e fango fino alla caviglia, ma anche un baccano infernale, come a Babilonia, un brulicare promiscuo di corpi e di merci, un presentimento di morte: questa è Londra.
La traccia verbale e immaginaria di Moodfog e la darkness che le corrisponde diventa una nota-chiave della city of fiction di Dickens, destinata a dilagare nel macrotesto, non solo nelle rappresentazioni di Londra, ma delle città in generale e delle aree che hanno conosciuto l’industrializzazione: ad es. Coketown di Hard times ove la nebbia cancella ogni forma, non meno che alle paludi e al fiume melmoso che accerchiano la città di Great expectations. La Londra di Oliver Twist ha stabilito un paradigma narrativo e figurale, quello della città dark and filthy, labirintica e piena di insidie, “infernale” e bestiale, in una spaventosa vicinanza tra uomini e bestie; un paradigma declinato nelle sue varianti metaforiche e tematiche.
Ma non è Londra la città su cui si interrompe la parabola immaginativa di Dickens. La città di Edwin Drood è una città sfigurata, senza nome, ridotta ad una immensa fumeria d’oppio: i suoi contorni fisici, l’architettura, persino gli abitanti sembrano in dissolvenza o in dissoluzione, confusi nella nebbia e nei
fumi grevi. Visioni interrotte, intrecci irrisolti esprimono l’esito più estremo di una crisi. Edwin Drood, faticosamente portato avanti per anni resta incompiuto, non solo per la sopraggiunta morte del suo scrittore, ma poiché l’opacità e l’incompiutezza sembrano la sua meta. Questo “atto mancato” di Dickens dice di una impotenza non riconducibile, esclusivamente, all’autobiografia, ma alla struttura del soggetto stesso e alla metonimia della città, “oggetto in conflagrazione” pronto a svanire insieme al soggetto che l’ha concepito e costruito.
Allucinazione, marasma, la dimensione ultima della città dickensiana è proprio la sua discontinuità, non-visibilità, inafferrabilità. L’allucinazione, l’oppio, il laudano mettono in scena una diversa percezione di sé e del tempo. Dickens mescola a questo il “racconto che sogna” (Mugby Junction) che, effimero e sporadico, non conoscerà la dignità del romanzo.
La Dott.ssa Beatrice Balsamo, psicanalista e il Dott. Valerio Varesi, scrittore, parleranno, attraverso letture commentate di Bleak House, Our Mutual Friend, The Signalman e The mistery of Edwin Drood, su questi motivi, a partire dalla metafora “Dark and filthy”, i cui temi risuonano nell’oggi (“il contagio dello straniero”, “i cumuli di rifiuti”, “le collusioni illegalità-Stato”, “il non-visibile del reale”, ecc…).
La proposta è a cura della dottoressa Beatrice Balsamo, psicanalista, presidente dell’Associazione “Psicologia Umanistica e delle Narrazioni. Psicoanalisi. Arte. Scienze Umane” (A.P.U.N.).
Venerdì 24 febbraio 2012, ore 18:00
Sala Conferenze del Baraccano (Via Santo Stefano 119, Bologna)